“Giornata mondiale del rifugiato”. E Selamet?

Pisa – Nella "giornata mondiale del rifugiato
politico", tantissime le iniziative, sparse su tutto il territorio
nazionale, dedicate a questo argomento. Ma mentre si sprecano le
passerelle politiche, a Pisa il caso di Selamet è uno dei tanti simboli
di quale sia il reale trattamento riservato ai rifugiati politici in
Italia.

Quest’anno l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha
deciso di caratterizzare la giornata con il tema "HOME-Un luogo
sicuro per ricominciare
, ad indicare che i rifugiati, persone
che sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa di
guerre e persecuzioni, hanno il diritto di ricostruirsi una vita in
sicurezza e dignità. Per far sì che questo accada, hanno bisogno di un
luogo dove possano essere accolti e che dia loro l’opportunità di
ricostruire un percorso di vita al riparo dalle minacce e dalla
violenza".

Quanto appena riportato appare quasi un paradosso di fronte a ciò che
segue: a Pisa non mancherà una passerella istituzionale sull’argomento;
questo pomeriggio, infatti, si svolgerà un’iniziativa dal titolo "La
tutela dei rifugiati: dai principi all’azione", nella quale interverrà
l’assessora alle politiche sociali MariaPaola Ciccone.

Nella presentazione dell’evento si legge:


Il Comune di Pisa ha costantemente partecipato alle iniziative per le
politiche di accoglienza pensate appositamente per i richiedenti asilo, i
titolari di protezione internazionale ed i rifugiati dal Governo
italiano; già dal 1999, il Comune di Pisa partecipò al progetto "Azione
Comune" per l’accoglienza dei profughi della guerra del Kossovo e nel
2001, quando nacque il Programma Nazionale Asilo, Pisa era uno dei
centri d’attuazione (uno tra i primi 62 tra gli 8000 Comuni d’Italia).




Da allora gli interventi per i rifugiati si sono susseguiti in
continuità ed attualmente sul territorio viene attuato lo SPRAR (Sistema
di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati Politici). Il progetto
sul territorio è coordinato dalla Società della Salute zona pisana ed
attuato dall’ Arci Comitato di Pisa.
I beneficiari vengono
accolti in strutture di accoglienza e seguiti nel loro percorso di
inserimento nel tessuto sociale.

Ma al di là delle belle parole del Comune, a Pisa non c’è spazio per i
diritti dei rifugiati. La storia di Selamet, uno degli ex-occupanti di
via Marsala, è emblematica di una realtà ben diversa da quella che il
Comune tenta di descrivere.

Di seguito riportiamo un comunicato del Progetto Prendocasa e delle
famiglie di via Marsala, nel quale è descritta la storia di Selamet e la
violenza con cui le Istituzioni hanno negato qualsiasi diritto alla sua
famiglia:

 
 

SENZA PATRIA E SENZA
DIRITTI


Selamet è nato in Turchia 37 anni fa.
Selamet è curdo: la sua lingua è curda, la sua cultura è curda,
la sua storia è curda.

Dopo essere stato arrestato e torturato dalla polizia turca per non aver
rinunciato alla sua identità, Selamet è stato costretto ad abbandonare
la sua casa, il suo lavoro, i suoi cari per cercare un futuro migliore
per sé e per la propria famiglia, lontano dalle violenze e dalla
repressione.

Dal 2001 è in Italia, dove gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato
politico;
la moglie, Nazife, lo ha raggiunto nel 2003 con le
due figlie più grandi, Medya e Rozerin (10 e 9 anni), e la cugina
Nazmye. In Italia sono nati i piccoli Hevi (2006) e Sergebun (2008).

Nel 2007 la famiglia di Selamet è arrivata a Ponsacco, dove si è
inserita nella tranquilla vita del paese: Selamet e Nazmye hanno aperto
un piccolo negozio di kebab; i bambini hanno cominciato a frequentare le
scuole del paese, a fare nuove amicizie, a sentirsi finalmente di nuovo
"a casa".

Quando le cose sembravano mettersi per il meglio, è arrivato per la
famiglia un nuovo momento di grave difficoltà: la crisi ha costretto
Selamet a cedere la propria attività, lasciandolo senza un lavoro e con
numerosi debiti ancora da pagare; quasi contemporaneamente, poi, gli è
stato diagnosticato un tumore al cervello, per fortuna benigno, ma per
il quale ha dovuto subire una complicata operazione e che gli ha
procurato un’invalidità dell’80%, che gli rende impossibile lavorare.

Perciò la famiglia, in un momento così drammatico e senza alcuna fonte
di reddito, si è trovata nell’impossibilità di pagare l’affitto e alla
fine del 2009 ha ricevuto lo sfratto per morosità.

Se Selamet avesse potuto, sarebbe tornato nel suo paese: lì sarebbe
stato circondato dall’affetto e dal sostegno di amici e parenti. Ma
Selamet non può, perché nel suo paese rischia la vita.

Per questo si è rivolto al Comune e ai Servizi Sociali di Ponsacco i
quali, però, non sono stati in grado di trovare una soluzione alla sua
emergenza abitativa, aldilà di un contributo di 2500 euro in cambio
dell’impegno della famiglia a cambiare comune di residenza. Ma
ovviamente 2500 euro non risolvono l’emergenza abitativa di 7 persone
tra cui 4 bambini e un malato grave: chi, infatti, affitterebbe una casa
a qualcuno che si sa già che non sarà in grado di pagare?

Per questo il nucleo ha deciso di occupare, insieme ad altre 7 famiglie
in emergenza abitativa, una palazzina inutilizzata dal 2002 in via
Marsala a Riglione, nel comune di Pisa, dove ha vissuto per due mesi e
mezzo.

Dopo lo sgombero, la famiglia, insieme alle altre che erano state
sgomberate, si è accampata in Largo Ciro Menotti a Pisa. Qui Selamet,
nonostante le precarie condizioni di salute, ha cominciato uno sciopero
della fame, per chiedere una soluzione abitativa per le 33 persone
sgomberate dalla palazzina di via Marsala. Selamet non ha
toccato cibo per ben 15 giorni, prima che un malore lo costringesse a
interrompere lo sciopero.

Ma le istituzioni sono state sorde anche a questa forma estrema di
protesta e lunedì 7 giugno hanno sgomberato le tende di Largo Ciro
Menotti. Da quel giorno, Selamet e la sua famiglia vivono
ospitati in condizioni assai precarie presso alcuni solidali.



Il Comune di Pisa, che sta cercando alcune soluzioni per le altre
famiglie sgomberate, non vuole nemmeno prendere in considerazione il
caso della famiglia curda perché, dice, se ne deve occupare il Comune di
Ponsacco, in cui Selamet ha ancora la residenza.

Il Comune di Ponsacco, da parte sua, non ha né fondi né case da
destinare all’emergenza abitativa.

Così oggi la famiglia di Selamet si trova nella paradossale
situazione di essere senza patria e senza diritti.



Se lo stato turco ha torturato Selamet fisicamente, quello italiano lo
sta torturando nella dignità, sfrattandolo, sgomberandolo, spedendolo da
un ufficio all’altro alla ricerca di risposte che non arrivano mai.

Nella giornata mondiale dei diritti dei rifugiati politici
chiediamo

DIGNITA’ PER SELAMET!

Progetto Prendocasa

Le famiglie di via Marsala