Spazi politici di riappropriazione

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Antagonist* contro la crisi                            

Pisa, 14-15 novembre 2009. S.A. Newroz

Spazi politici di riappropriazione nella crisi economica, mediale e governamentale

Dopo
aver analizzato la crisi irreversibile della rappresentanza come
dispositivo funzionale alla riproduzione del sistema sociale, e aver
interpretato il quadro generale della crisi sistemica del capitale,
le sue ristrutturazioni in atto ed i provvedimenti di governo che le
supportano nell’intensificazione dell’espropriazione della
ricchezza sociale, vogliamo tematizzare il quarto momento di
discussione nazionale tra le realtà italiane dell’antagonismo sul
rapporto
tra lotte sociali per la riappropriazione, nella prospettiva del
contropotere territoriale, e crisi delle forme di Governo
.

Sulla crisi
economica, mediale e governa mentale

La
fase attuale è segnata dal dispiegarsi della crisi, dalla
socializzazione dei debiti che il meccanismo di valorizzazione
finanziario ha prodotto in trent’anni di liberismo.

A
livello internazionale, i governi hanno iniettato enormi liquidità
pubbliche al fine di garantire un precario benessere alle banche. Il
G20 di Pittsburgh di fine settembre, oltre ad aver dimostrato i nuovi
assetti geopolitici in blocchi di potere continentale (USA e Cina) e
l’inconsistenza di un’Europa servile e incapace di emanciparsi dagli
assetti di potere entro cui è nata, ha confermato il modello di
sviluppo basato sulla finanziarizzazione della vita.

Nessun
new deal, nessuna pianificazione effettiva (né possibile), quindi,
ma un processo che sta portando all’aumento dell’indebitamento
pubblico: la momentanea stabilizzazione del sistema finanziario,
infatti, è avvenuta tramite l’iniezione di denaro pubblico e
l’acquisto di obbligazioni pubbliche e private da parte della
banche centrali al fine di immettere moneta in circolazione. E questa
liquidità è utilizzata dalle banche non per investire in economia,
bensì per speculare sui mercati borsistici.

Il
finanziamento dei Governi al sistema finanziario comporta perciò
l’assunzione da parte dei Governi dei debiti della finanza:

la risposta del capitale alla crisi della finanziarizzazione
dell’economia è quindi la finanziarizzazione della sfera pubblica
.

Il
Governo Berlusconi, dentro questo quadro di crisi globale, sta
subendo gli attacchi sia dell’ordinamento giuridico (bocciatura del
Lodo Alfano), sia degli interessi mediatico-capitalistici
contrapposti (De Benedetti etc..). I dubbi dei "poteri forti"
su Berlusconi attengono alla quasi certezza che non ha in mano nulla
di nulla che possa aiutare ad uscire dalla crisi evitando l’ulteriore
declino italiano. La facilità con cui Governo e Media si affidano a
dati economici traballanti e opinabili e la gravità della crisi
economica in atto, lasciano pensare che non sia più possibile, allo
stato attuale, attuare alcun modello di gestione della crisi, senza
che essa scarichi la sua virulenza a partire da una drastica
riduzione dei consumi e dei livelli di occupazione.

Gli
stessi fenomeni di governamentalità di Berlusconi si reggono su un
dispositivo di comunicazione politica che diventa sempre meno
efficace nella produzione di consenso, non solo a causa dell’attacco
di altri poteri editoriali o costituzionali, ma soprattutto in quanto
inefficace nel riproporsi come collante sociale di fronte
all’incedere della crisi, come hanno dimostrato le mobilitazioni
no-Gelmini o anche solo le contestazioni popolari a L’Aquila e
Messina.

Lo
stesso spettacolo dello scontro mediale fra istituzioni si fonda su
elementi che poco hanno a che vedere con le esigenze della
popolazione, ma che è del tutto incentrato sulle difficoltà
giudiziarie del Presidente del Consiglio e sulla tenuta di un sistema
di informazione monopolizzato dalla televisione privata e
generalista.

La
profonda recessione economica, l’insufficienza delle reti di
protezione sociale, l’avanzare dello spettro della disoccupazione
di massa, come la sempre più probabile fuga degli investimenti, sono
utilizzati come potente leva per un ulteriore violento attacco alla
massa salariale, indispensabile al mantenimento del sistema.
Meritocrazia, razionalizzazione, efficienza sono le parole d’ordine
con cui si esplicano le direttrici di nuova accumulazione
capitalista: sono i dispositivi di creazione di una nuova merce-forza
lavoro, più assoggettata, flessibile, scolarizzata, impaurita,
ricattata.

Il
recente contratto che

Federmeccanica,
Fim e Uilm hanno firmato, adottando il nuovo modello contrattuale,
è
l’ennesimo passo in avanti nella frantumazione dell’unità e della
forza contrattuale dei lavoratori metalmeccanici, oltre che la
riprova che l’investimento produttivo e occupazionale del padronato
italiano è legato alla forte svalutazione della forza-lavoro.

Il
pacchetto sicurezza e la sua applicazione giocano un ruolo
fondamentale nella definizione di una sottoclasse di precari
assoluti, tramite cui cercare di spingere verso il basso il prezzo
della forza-lavoro dei migranti e dei lavoratori in generale, di
marcare socialmente ed etnicamente una gerarchia interna al mercato
del lavoro ed alla società. E soprattutto riveste centralità nella
costruzione di un duplice paradigma: di governo dell’esclusione
sociale e della marginalità, da un lato, e di gestione securitaria
dei conflitti, dall’altro.

La
riforma Gelmini, e in genere i tagli alla formazione, spingono questo
mondo verso un profondo declassamento qualitativo, verso una sua
nuova funzione di precarizzazione cognitiva, di colonizzazione delle
soggettività, di sfruttamento lavorativo, di rendita parassitaria
sui bisogni e sulle capacità di studenti, ricercatori, precari della
scuola.

Le
recenti sparate di Matteoli sulla ripresa dei sondaggi per fine
novembre per la costruzione del TAV, lo stesso Berlusconi che
annuncia la realizzazione imminente del Ponte sullo stretto di
Messina, parlano della volontà/necessità di intensificare la
valorizzazione di capitale, riproponendo il tema grandi opere come
volano dell’economia in (della) crisi, fonte di profitti privati e
di sciagure economico-sociali-ambientali per le popolazioni dei
territori.

Perciò
riteniamo interessante valutare la crisi del governo Berlusconi alla
luce delle contraddizioni politiche e delle ricadute sociali che le
tensioni interistituzionali, e le conseguenti ipotesi autoritarie
sulla forma politica statuale, possono comportare.

All’interno
di questo processo/scontro, ci sono dei punti di rottura che possiamo
agire per fare leva contro il sistema ed aumentarne le contraddizioni
irrisolvibili al suo interno. Se per ora questo scontro è giocato al
di fuori “
delle
contraddizioni reali”, diventa tanto più importante

lo spazio delle lotte, per ora frammentariamente affrontato da
differenti soggettività, ma che può vedere affacciarsi altri
protagonisti.

Spazi politici
della riappropriazione

Dato
che gli esiti di questo conflitto politico non si decideranno a colpi
di sentenze o manette, e che le "nuove" piazze torneranno a
essere importanti, diventa tanto più necessario nell’assemblea
nazionale di area provare a immaginare quali saranno le nuove piazze
e in che modo vadano affrontate in una prospettiva antisistemica.

Dentro
un contesto di crisi sociale ed economica che si avvita su stessa è
quindi necessario concentrare l’attenzione politica dei movimenti
sulla questione del
reddito
a partire dalla conflittualità sociale, diffusa ma frammentata, che
attraversa la composizione sociale del lavoro vivo.

Se
l’indebitamento pubblico è la nuova frontiera dell’opera di
sussunzione del capitale finanziario, la governance che ne determina
i passaggi mostra quanto il paradigma della sicurezza sia il nuovo
modello di espressione del comando. Il welfare è uno dei campi più
attraversati dalle contraddizioni sistemiche, poiché è stretto, da
un lato, dalla morsa neoliberista di decenni di privatizzazioni,
appalti ed esternalizzazioni (e quindi di mercificazione dei diritti
sociali); dall’altro, dalla necessità politica per le istituzioni
di strutturare interventi sociali indispensabili alla sopravvivenza e
all’adeguamento del sistema di riproduzione sociale ed
esistenziale, affinché la rivolta non sia all’ordine del giorno.
Le battaglie dei profughi a Torino per la residenza, dei migranti di
tutta Italia per l’allargamento della sanatoria e contro il
pacchetto sicurezza, dei precari e degli studenti per la casa e il
reddito, parlano dell’opposizione sociale ad un welfare/watchfare,
ovvero di lotte contro la spesa pubblica in controllo e sorveglianze,
a partire dalla riappropriazione dei bisogni negati.

Inquadrare
le battaglie contro l’espropriazione (di territori, salario, tempi
di vita, spazi) come percorsi di riappropriazione di reddito,
significa lavorare allo scardinamento delle forme di
gerarchizzazione, di selezione e di inclusione differenziata alle
protezioni sociali degli “spossessati”, ovvero combattere in
primo luogo contro le divisioni imposte dalla “linea del colore”,
del merito, o di genere, e dai vari dispositivi postcoloniali di
segregazione, che strutturano gerarchie e modelli sociali di
competizione e concorrenza tra i vari segmenti di classe. Significa
quindi mettere in crisi il meccanismo di sussunzione finanziaria
della vita che è alla base del precario equilibrio socio-economico
del sistema di comando.

Le
lotte che si sono sviluppate in questi mesi ci parlano di una
dinamica della socializzazione delle resistenze: lo scontro si sta
sempre più giocando attorno ai meccanismi di conflitto e resistenza
all’espropriazione. La stessa “onda”, che con il Block g8 di
Torino e la campagna vincente contro gli arresti “preventivi” di
luglio ha espresso un salto di qualità e di consapevolezza politica
nel determinare nemici e obiettivi, marcando definitivamente il campo
cui appartiene (quello dell’autorganizzazione sociale del
precariato intellettuale), fa i conti con le trasformazioni avvenute.
Necessario è quindi misurarsi con la materialità
dell’espropriazione formativa, con i meccanismi di inclusione
differenziale alla formazione e al diritto allo studio. E’
importante, in quest’ottica, comprendere la vitalità e la
potenzialità di un movimento degli studenti medi che, lontano
soggettivamente da qualsiasi retorica legalista-giustizialista, fa i
conti in prima persona con lo smantellamento delle possibilità del
proprio futuro e con le carenze del proprio presente: lo dimostra la
tenacia con cui gli studenti di Milano del liceo serale hanno difeso
e resistito alla razionalizzazione produttiva e formativa delle
amministrazioni; lo dimostrano le contestazioni ai Ministri, le
occupazioni, i cortei autorganizzati che stanno prendendo piede in
tutto il Paese.

Accanto
al mondo della formazione, che pone la costruzione di nuovi saperi e
relazioni sociali al di fuori della compatibilità istituzionale e
accademica, in antagonismo all’espropriazione del pubblico, molte
altre sono le mobilitazioni che già delineano le forme della
resistenza nella crisi globale e provano a costruire nuovi legami
sociali e nuove forme di vita: le lotte dei movimenti di lotta per la
casa di Roma e Firenze contro la repressione e gli sgomberi; la
conflittualità sociale che a Palermo si esprime nel legame tra
occupazione dei centri sociali e resistenza metropolitana alla
distruzione di fette importanti del sistema occupazionale
industriale; le battaglie in difesa del posto di lavoro e contro la
disoccupazione, che dalla lotta estiva della Insse hanno tratto
insegnamento di pratica politica autonoma rispetto alla prassi della
contrattazione sindacale.

Il
livello dello scontro del
precariato
sociale

è tra la riappropriazione di tempi e spazi di vita e la macchina
parassitaria e mercificante del Capitale.

Di
fronte abbiamo la crisi sistemica e globale, l’incedere onnivoro
dell’espropriazione collettiva, la possibile
trasformazione
radicale degli equilibri sistemici in senso autoritario,

la
resa
del pubblico

come frontiera della prossima bolla speculativa.

Il
movimento
antagonista non può non confrontarsi con la politicità delle lotte
sociali: fare leva sui punti di disgregazione dell’attuale sistema
berlusconiano, approfondire la frattura con lo spazio delle
contraddizioni reali, cercandone un superamento a partire solo dalla
riappropriazione collettiva della ricchezza sociale!

Non
solo quindi report e confronto su ciò che stiamo producendo
politicamente nei nostri territori, ma, per quanto sarà possibile in
una 2 giorni, approfondimento teorico sulle mutazioni della
composizione sociale di classe e sulle ristrutturazioni del capitale,
e messa a confronto delle strategie con cui affrontare le sfide dei
percorsi politici del conflitto sociale.

Reddito,
ri-appropriazione, contro-potere, autonomia.

PROGRAMMA DI
MASSIMA

Sabato
14 novembre,

ore
15
:
introduzione e assemblea generale di fase

Domenica
15 novembre,

ore
10
:
tavoli di lavoro

  • Formazione
    e Saperi. studenti medi, precari della scuola, università

  • Metropoli.
    riappropriazione di casa, reddito, servizi sociali e opposizione al
    welfare del controllo; spazi sociali; prospettive del conflitto
    operaio; migranti e lotte postcoloniali

  • Controcomunicazione.
    crisi dispositivi mediali di governo; infoaut network.

ore
13.30
:
pranzo

ore
15
:
relazioni dei tavoli di lavoro, conclusioni.