A Pisa verso il #15N le lotte si organizzano, strappano e avanzano

Alla vigilia del #15N le lotte sociali in città sembrano trovare parole e pratiche comuni. I processi hanno assunto dinamismo nello scontro con le istituzioni locali – Partito Democratico e amministrazione comunale in testa – ricomponendo attorno al nodo delreddito e della riappropriazione del patrimonio pubblico un discorso di parte portatore di un’alterità non reintegrabile. Dalle lotte per la dignità del diritto all’abitare, alla resistenza agli sfratti, fino ai contesti del mondo della formazione media e universitaria, il respiro di movimento del #19O romano si misura non su quanto sui territori si accorcino le distanze dai palazzi ma, paradossalmente, su quanto sia chiara la linea di demarcazione da questi. È il momento di far maturare una parte in lotta e questa si riconosce prima nella distanza dai suoi nemici. 
È interessante risalire alcuni dei fili che in queste settimane recenti si sono intrecciati. L’innesco anche di processi di ricomposizione politica di movimento si ritrova sempre nell’attivazione di soggettività reali che in dimensioni collettive di scontro maturano una volontà di organizzazione per rompere i rapporti esistenti, ribaltarli e instaurarne di nuovi. Attorno a questa capacità di rottura degli equilibri della governamentalità dei contesti sociali si costruisce la possibilità di spostare senso comune, ovvero – banalmente – di trasmettere la fiducia che è possibile vincere, strappare reddito e dignità se ci si mette di traverso.

Contro l’ipotesi che contempla il conflitto come prodotto dell’immaginario da confezionare nella maniera più rassicurante possibile, senza rischio, la lotta nel quartiere di Sant’Ermete parla di giovani, donne e uomini, anziani e meno anziani che hanno deciso di invertire il verso del conflitto sociale vissuto giorno per giorno sulle proprie spalle. Non più subirlo dall’alto verso il basso ma agirlo dal basso verso l’alto. È servito mettersi assieme, conoscersi e riconoscere i propri bisogni, articolare come punto di non ritorno i desideri collettivi condensati nelle rivendicazioni di casa e dignità per il quartiere. È stato necessario individuare i meccanismi di dominio delle forme di un welfare del debito, della minaccia e della povertà. Attaccare significa prima di tutto affermare di non voler subire più, di non esser più disposti ad accettare i ricatti degli assistenti sociali. Significa piantare le tende nel quartiere per non levarle fino a quando non si raggiungono gli obiettivi. Significa rischiare e non avere più paura.

Questi comportamenti collettivi e organizzati hanno iniziato a spostare qualcosa in città. Hanno rotto alcuni meccanismi dellagovernance cittadina aprendo in questa significative contraddizioni. Sulla maturazione di questo processo in avanzamento si sono ricomposte le lotte in città, aggredendo i nodi scoperti della controparte e sviluppando su questi le condizioni politiche per una riproduzione allargata del conflitto. Una nuova fiducia sulla possibilità concreta di strappare reddito e dignità si è imposta.Nonostante l’Apes, i consiglieri comunali e la Società della Salute abbiano boicottato i tavoli convocati dagli abitanti del quartiere e il riconoscimento politico dello Spazio Popolare Sant’Ermete, dopo solo pochi giorni di presidio permanente le 23 case vuote del quartiere sono state assegnate. Così allo stesso modo i picchetti anti-sfratto si sono infoltiti di solidali e la volontà di non cedere alle pressioni degli assistenti sociali, di non uscire di casa, sta portando all’assegnazione diretta di casa popolare agli inquilini sotto sfratto e in emergenza abitativa.
La lotta paga, la controparte arretra provando a reintegrare entro la propria misura di governo il conflitto sociale. Ma questa capacità di allargare le maglie della gestione della pacificazione sembra limitata. La governance mostra un improbabile isterismo arrivando addirittura a lanciare falsi allarmi su assessori sequestrati. Allo stesso modo sul terreno delle lotte universitarie fa da padrone la dinamica di arroccamento entro il perimetro della legalità lamentando l’emergenza anti-democratica prodotta delle lotte sociali. Ma i margini di riformismo possibile si annullano del tutto in un contesto sociale meno omogeneo e decisamente più largo come quello universitario. Così dalla Conferenza Università e Territorio del 21 ottobre, al tentato sgombero dello studentato occupato Spot, fino ad arrivare alle recentissime occupazioni dell’albergo comunale di Santa Croce in Fossabanda e della residenza studentesca chiusa di via da Buti a seguito di un’assemblea d’Ateneo la chiusura dei soggetti della governance è stata totale. Questi, a colpi di comunicati stampa già pronti, criminalizzano le lotte, condannano le pratiche illegali dell’occupazione e addirittura si lanciano in calunnie e diffamazioni come nel caso dell’accusa di furto di materiale d’arredo da via da Buti. Contro i responsabili di queste dichiarazioni un esposto collettivo verrà presentato.

Un processo collettivo si sta allargando. Anche sul terreno universitario rispetto alla governance, in particolare all’amministrazione comunale, le lotte marcano una distanza. Pezzi sostanziosi di corpi politici intermedi come la rappresentanza studentesca iniziano ad articolare i conflitti fuori dal perimetro della legalità, occupando, aprendo e segnalando nuove contraddizioni nella gestione della cosa pubblica. Questo spostamento si inserisce in una dinamica collettiva e parte dalla constatazione di un’impossibilità oggettiva di dialettizzare i conflitti con una controparte incapace di cedere ulteriore terreno senza ridiscutere assetti di potere e condizioni di decisionalità. Una forma di patto sociale è saltata e una dinamica costituente rispetto alla quale è difficile tornare indietro si è innescata. La governanceviene messa in difficoltà su una materialità di rivendicazioni che anche in ambito universitario ricompongono le istanze sociali sul terreno delle scelte sulla cosa pubblica: quale uso della ricchezza sociale? Quale destinazione d’uso per il patrimonio pubblico a fronte di un’emergenza abitativa studentesca dilagante?

Questa attenzione sulle risorse pubbliche pone un problema di reddito e della sua conquista. Il portato delle lotte cittadine verso il #15N esprime un processo in crescita e una fiducia nella quale è necessario riporre tutte le energie per continuare ad avanzare, far sviluppare il processo e riprenderci ciò che è nostro contro qualsiasi tentativo di metter paura a quanti si mettono in gioco e assieme confliggono. Per questo in tutta trasparenza il corteo del #15N dichiarerà che arriverà all’albergo comunale di Santa Croce in Fossabanda, per assediarlo, per ribadire ancora una volta che il patrimonio pubblico dev’essere destinato ai bisogni sociali e non alienato, per ribadire che c’è una parte di città in espansione che lotta, guadagna terreno e costituisce sempre di più una minaccia per la stabilità di chi vorrebbe governare sui nostri sacrifici.

red. Infoaut_Pisa