Di seguito il testo dell’appello che, oltre a ricostruire la speculazione che sta dietro l’immobile di via dell’Occhio e che vede coinvolti il DSU ed il Comune di Pisa, spiega le ragioni per cui la proposta di autorecupero è la più valida per evitare la privatizzazione e svendita dell’edificio e portare così un beneficio economico e sociale alla componente studentesca e a tutta la società. Per aderire come singoli o soggetti collettivi si può inviare una mail ad: appelloautorecupero@gmail.com
APPELLO IN SOSTEGNO ALLA PROPOSTA DI AUTORECUPERO DELLA PALAZZINA DI VIA DELL’OCCHIO DA PARTE DELL’ASSOCIAZIONE GIORGIO RICCI
Dall’1 maggio 2009 un gruppo di famiglie, precari, studenti, migranti, ha occupato alcuni appartamenti di uno stabile situato in via dell’Occhio a Pisa, di proprietà dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario.
La vicenda dello stabile rappresenta un pezzo di storia della gestione del patrimonio pubblico da parte delle amministrazioni cittadine perlomeno poco chiaro, dato che vede protagonisti due enti pubblici (Comune di Pisa e DSU) che, nelle loro scelte e nei loro investimenti, hanno avuto una condotta poco trasparente, che non sembra andare nella direzione dell’interesse degli studenti o della città.
Gli otto appartamenti che compongono lo stabile sono stati per anni in comodato al DSU come alloggi a disposizione di studenti borsisti. Ma tra il 2005 e il 2006 il Comune di Pisa mette in atto il “piano Cortopassi”: una massiccia svendita di beni pubblici per avere maggiore liquidità nelle casse comunali.
In questa maxi vendita rientra anche la palazzina di via dell’Occhio che, però, non fu affatto svenduta ma acquistata dal DSU a prezzo di mercato (nonostante il comodato scadesse diversi anni dopo con possibilità di rinnovo). Un simile investimento di denaro pubblico è difficile da capire: milioni di euro spesi per soli trenta posti letto in una palazzina sottoposta a numerosi vincoli storici, in un momento in cui lo stesso DSU lamentava carenze di liquidità; nello stesso periodo infatti l’ente è ricorso ad un progetto di Project Financing (cioè tramite investimenti di privati) per la costruzione della casa dello studente Praticelli.
Ma le stranezze non finiscono qui: la palazzina viene acquistata per poi essere quasi immediatamente chiusa con la motivazione di doverla ristrutturare. Tale ristrutturazione non avviene e in tempi altrettanto celeri il DSU cerca di vendere lo stabile, senza, però, riuscirci.
Questo porta al suo completo abbandono fino a che non viene abitato e recuperato dai suoi attuali residenti.
Ricapitolando, il DSU compra lo stabile a prezzo di mercato, nonostante la concessione in comodato d’uso, per poi lasciarlo sfitto per anni, e cercare a quel punto di venderlo a privati.
Dopo due aste andate deserte (ed il lento scivolare verso il degrado e la sporcizia l’intero isolato anche a causa di questo immobile abbandonato) avviene l’occupazione dello stabile, da parte di una composizione mista di famiglie sfrattate (tra cui una di rifugiati politici), studenti ex-borsisti, precari e disoccupati. Gli occupanti, oltre a valorizzare e recuperare gli appartamenti, decidono di destinarne uno ad uso pubblico e collettivo; nel fondino situato in piazza Facchini trovano spazio lo sportello per il diritto alla casa, un corso di arabo parlato, un laboratorio artistico, un corso di italiano per migranti, e tanti altri momenti di incontro, iniziative ludiche e sociali, momenti organizzativi per giornate e pranzi di quartiere in piazza Facchini e piazza Gambacorti, tutto gratuito e popolare. Per promuovere queste iniziative e questi eventi, nasce l’Associazione culturale Giorgio Ricci, composta dagli stessi occupanti delle case.
In questo momento la situazione dell’immobile è alquanto controversa. Un ingente investimento economico da parte dell’ARDSU per recuperare un esiguo numero di alloggi per studenti borsisti risulterebbe del tutto inadeguato a fronte della situazione di crisi e di tagli. Contemporaneamente è assolutamente da scongiurare l’eventualità di una vendita a privati dell’edificio, per una serie di motivi. Innanzi tutto l’attuale situazione di ristagno del mercato immobiliare lascia pensare che le case di via dell’Occhio incontrerebbero la sorte di altri illustri predecessori, primo fra tutti l’edificio della Mattonaia, inutilizzato e invenduto da più di venti anni. In secondo luogo, accollandosi l’onere di una vendita a privati di un edificio da poco acquisito dal Comune in condizioni sfavorevoli, l’ARDSU si troverebbe nella vergognosa condizione di “agenzia immobiliare” di un altro ente pubblico (il Comune vende ad un altro ente pubblico, scaricando su questo i costi e i tempi di una successiva vendita a privati), portando a compimento un processo di speculazione immobiliare giocato con i soldi destinati alla tutela del diritto allo studio degli studenti. Infine, e questo è forse il motivo più importante, la strada delle privatizzazioni, continuamente percorsa in passato da amministrazioni di qualsiasi colore, sta ormai palesando i suoi effetti disastrosi; la direzione da seguire è invece quella indicata dall’esito del quesito referendario, in difesa dei beni comuni, da estendere al patrimonio pubblico a 360 gradi.
Esistono però soluzioni alternative a quelle sopra descritte; percorsi di partecipazione e protagonismo dei cittadini che risultano tanto più necessari in un contesto di crisi economica come quello che stiamo attraversando.
Per questi motivi è maturata negli scorsi mesi, da parte dell’Associazione Giorgio Ricci, la decisione di strutturare una proposta riguardo l’autorecupero dell’edificio, coinvolgendo la proprietà e la Regione Toscana, la quale si è mostrata da subito sensibile a questo tipo di progettualità.
La proposta che l’Associazione sostiene è lineare: far rimanere quello stabile un bene pubblico.
Gli attuali abitanti si impegnerebbero a portare a compimento i lavori di recupero della palazzina, ottenendo in cambio il comodato d’uso gratuito per un periodo concordato, al termine del quale gli appartamenti tornerebbero in possesso della proprietà, vincolati al mantenimento della loro natura pubblica, ad esempio come case popolari o nuovamente come alloggi per studenti.
Un progetto di questo genere risulterebbe vantaggioso per la proprietà, che potrebbe risparmiare una cifra corposa, per gli occupanti, che potrebbero stabilizzare la loro situazione abitativa per un certo periodo, e per tutta la collettività, impedendo l’esproprio dell’ennesimo bene pubblico.
Potrebbe porsi come primo tentativo di un nuovo modo di abitare, basato sul rilancio del pubblico e sul recupero del patrimonio immobiliare esistente, in controtendenza con la cementificazione ed il consumo di suolo.
Durante un consiglio di amministrazione il DSU, in data 25 febbraio 2011, ha approvato una delibera in cui sostiene la positività di questo tipo di progettualità, impegnandosi di fatto nel portarla avanti assieme all’associazione proponente. A questa dichiarazione di intenti non sono però seguiti i fatti e passi avanti da parte della proprietà e, a distanza di alcuni mesi, il DSU ha fatto recapitare agli abitanti di via dell’Occhio delle lettere che li invitavano a lasciare l’edificio al più presto.
È evidente l’intenzione dell’ente di ritornare sui suoi passi ed intraprendere di nuovo la via della speculazione e della privatizzazione; ciò non toglie che, alla luce dei fatti, la proposta dell’autorecupero resti l’unica realmente sensata e da rilanciare ed incoraggiare.
SOTTOSCRIVENDO QUESTO APPELLO NOI, INDIVIDUALITA’ E SOGGETTI COLLETTIVI, ASSOCIAZIONI, STRUTTURE SINDACALI, PARTITI, INTENDIAMO PRENDERE PAROLA IN FAVORE DELLA PROPOSTA DI AUTORECUPERO DELL’IMMOBILE DI VIA DELL’OCCHIO DA PARTE DELL’ASSOCIAZIONE GIORGIO RICCI; E’ QUESTA LA MIGLIOR STRATEGIA PER AFFRONTARE QUESTA SITUAZIONE RICAVANDONE UN GUADAGNO ECONOMICO E SOCIALE PER LA COLLETTIVITA’ TUTTA.