Dalla manifestazione nazionale della Fiom del 16 Ottobre, al movimento autunnale del mondo della formazione, al 14 Dicembre romano, la richiesta di sciopero generale è andata rafforzandosi ed amplificandosi facendosi espressione di un disagio e di una rabbia sempre più generalizzati.
Alla fine, forse nel peggiore dei modi, la convocazione è arrivata: uno sciopero troppo tardivo che mostra il vero volto di un sindacato sempre più parte strutturale del nuovo patto sociale e strumento, quindi, di governo e controllo dei territori.
Sin dall’inizio chiara è stata la volontà della CGIL di depotenziare la piazza declinandola come un momento testimoniale e inoffensivo. Per questo motivo l’appuntamento del 6 maggio deve essere assunto da quei soggetti che quotidianamente si oppongono al nuovo patto sociale come momento a cui contribuire nel segno dell’antagonismo e dell’auto-organizzazione per invertire la traiettoria della compatibilità e della pacificazione sociale. E’ in quest’ottica che il Progetto Prendocasa, come progetto di riappropriazione del diritto alla casa e al reddito, guarda allo sciopero generale: un momento di espressione di opposizione sociale, uno spazio di ricomposizione di tutte quelle soggettività che non vogliono più pagare gli effetti di questa crisi, ma che, invece, intendono sovvertirla riprendendosi da basso reddito e diritti. Soggettività composte da studenti, precari, migranti, sfrattati, lavoratori, disoccupati: tutti pezzi di quel precariato cittadino di cui è composto Prendocasa e che da anni lottano in città per il diritto alla casa.
Prendocasa: contro gli sfratti e la speculazione!
Il progetto Prendocasa si struttura come rete di occupazioni e difesa degli sfratti nel 2007, grazie alla spinta di alcune soggettività che non intendono rassegnarsi a vivere con vittimismo la loro condizione di precarietà e sfruttamento e mettono a frutto la loro rabbia auto-organizzandosi come forza di riappropriazione del diritto alla casa. Casa come elemento che aggrega sotto di sé una molteplicità di diritti: reddito, spazi sociali, dignità, lavoro, tempi di vita. E’ così che da oramai 5 anni il progetto è presente in città con la sua rete di occupazioni, con la difesa degli sfratti, con lo sportello di consulenza sulla casa, con il lavoro e la presenza nei quartieri. Contro gli speculatori, contro la rendita immobiliare, contro la gerarchizzazione dell’accesso al reddito, contro un sistema di precarizzazione e declassamento che ci vuole sempre più poveri e indebitati; Prendocasa risponde con l’auto-organizzazione, mettendo quotidianamente in pratica una forza che nasce dal basso, un forza in grado di amplificare i suoi no fino a farli diventare alternativa di vita, di sviluppo e socialità.
Le case sfitte e i senza casa…
Sempre più sono le persone che hanno difficoltà ad accedere al mercato degli affitti: il problema della casa è divenuto oramai specchio degli aspetti più drammatici della crisi e dal 2009 ad oggi i provvedimenti di sfratto, gli sgomberi e i casi di indebitamento per poter sostenere il canone di affitto sono cresciuti in modo esponenziale. Gli sfratti eseguiti in Italia nel 2008 sono stati 25 mila, oltre il 12% in più sull’anno precedente, il 90% a causa della morosità. Di poche settimane fa la notizia che la Toscana è la seconda Regione d’Italia, dopo il Lazio, per sfratti dovuti ad insolvenza che rappresentano l’85% del totale e solo il restante 15% per finita locazione. Dati che danno solo un assaggio di quanto è drammatica l’emergenza abitativa nella nostra Regione e nella nostra città: agli sfratti da case private devono essere aggiunti quelli da case popolari e la difficile situazione di chi è da anni in graduatoria in attesa di una casa popolare per la cui costruzione mancano i fondi: oggi, infatti, in Toscana coloro che sono in attesa di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sono 21.534. Per quanto riguarda Pisa le cose non vanno meglio: i provvedimenti di sfratto sono stati, nel solo 2008, 492 (di cui 387 per morosità), le richieste di sfratto sono state 630 e gli sfratti eseguiti 92 e la crisi finanziaria che ha investito l’Europa e l’Italia era ancora alle porte.
E’ chiaro che né dal Governo né dalle Regioni, tanto meno dalle amministrazioni locali, è emersa, in questi anni, una volontà politica capace di affrontare il problema dell’emergenza abitativa nell’unico modo possibile: attaccando la rendita padronale, requisendo il vasto patrimonio sfritto presente sul nostro territorio, rovesciando politiche conniventi con banche e speculatori responsabili di un mercato degli affitti viziato e inaccessibile ai più, investendo nell’edilizia popolare e in quella a canone sociale per consentire agli inquilini di pagare degli affitti proporzionati al loro reddito.
Sfratti, sgomberi, attese infinite per case popolari inesistenti, quartieri che si vedono togliere spazi verdi per cementificare quando, in realtà, le case ci sono. In Toscana, infatti, ci sono circa 290 mila alloggi sfitti che in buona parte potrebbero essere messi in affitto in modo da diminuire l’emergenza abitativa; nella sola Pisa se ne contano circa 4000 di cui 1400 da subito abitabili. L’emergenza abitativa pisana non è data certo dalla carenza di alloggi, ma dallo strapotere delle lobby di immobiliaristi e costruttori che preferiscono lasciare sfitte le case per mantenere alti i canoni d’affitto case che il Comune dovrebbe recuperare mettendo in pratica lo strumento della requisizione e l’obbligo d’affitto per le grandi proprietà vuote. Un altro strumento da non sottovalutare è quello dell’Autorecupero, che permette di ristrutturare edifici pubblici (e non solo) dividendo le spese tra l’ente proprietario e la cooperativa andando ad abbattere le spese e invertendo la politica d’espulsione delle classi popolari dal centro città. Un situazione che non è che la punta dell’iceberg degli effetti della crisi e di politiche di speculazione e sfruttamento, di una governance cittadina serva di palazzinari e banchieri che non fa che aumentare la separazione tra i suoi interessi e i bisogni sociali.
Come rispondere alla crisi, come invertire il suoi corso e mostrare il conto ha chi l’ha provocata?
Il Progetto Prendocasa nasce dalla certezza che l’unica soluzione è auto-organizzarsi in una spinta di progresso sociale e collettivo che vada a riprendersi, giorno dopo giorno, casa dopo casa, ciò di cui si ha diritto, rovesciando la condizione di debolezza dettata dal bisogno in forza e in capacità di riproduzione e moltiplicazione di pratiche di riappropriazione.
Occupare le case: il Progetto in città
Il Progetto Prendocasa conta, al suo interno, più di 50 occupanti in case sparse in città. È nel Dicembre 2007 che occupa i suoi primi due appartamenti di proprietà Inps nel centro di Pisa. Segue, dopo pochi mesi, un altro appartamento stavolta nei pressi della Stazione Centrale. Sempre nello stesso stabile, da Marzo 2008 a Novembre 2008, vengono occupati gli ultimi tre appartamenti. Questi alloggi sono tutt’ora interessati dal processo di cartolarizzazione che, per anni, li ha lasciati vuoti e dimenticati. Il 1 Maggio 2009 8 nuclei familiari hanno occupato un complesso di appartamenti nel cuore del centro cittadino (dietro il Comune) di proprietà dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio. L’azienda, a maggioranza pubblica, li aveva lasciati vuoti per anni in seguito a meccanismi di vendita poco chiari. L’intero isolato, prima tristemente noto solo per il degrado e l’eroina, è oggi nuovamente vissuto ed è così tornato alla città grazie alla nascita di un’Associazione Culturale che si fa promotrice di un progetto di autorecupero dell’immobile e di numerose iniziative rivolte a rendere più vivibile e accogliente il quartiere. Il 13 marzo 2010 il Progetto Prendocasa ha occupato con 8 famiglie uno stabile privato di un noto palazzinaro cittadino situato in via Marsala a Riglione. La lotta delle otto famiglie si è imposta rapidamente nell’immaginario collettivo come simbolo di lotta per il riconoscimento del diritto fondamentale alla casa. La città si è trovata improvvisamente davanti ad una minoranza che si è strutturata e ha offerto in termini sia pratici che socioculturali alternative all’esistente. Lo sgombero, la violenta campagna di delegittimazione e criminalizzazione delle famiglie non hanno visto la fine della lotta; la sua conclusione è stata l’entrata, in case procurate da Comune con affitti proporzionati al reddito, delle famiglie che fino all’ultimo hanno lottato.
Il no delle famiglie di via Marsala è un no che riecheggia in oguna delle nostre lotte: no a politiche di austerity e sacrificio, no a chi vuole farci pagare i costi della crisi, no a chi pensa a noi tutti come variabili dipendenti dalla roulette finanziaria dei mercati, degli imprenditori, degli speculatori, dei banchieri!
Oltre lo sciopero: generalizzare l’opposizione!
Le lotte per il reddito si strutturano sempre più come lotte contro un sistema politico che mira all’assorbimento delle tensioni, un sistema di debito, precarizzazzione e sfruttamento che, però, deve fare i conti con l’incomprimibilità e l’irreversibilità dei bisogni sociali. Ed è proprio nella dimensione dell’opposizione al nuovo patto sociale che devono orientarsi le lotte, nel far emergere e mettere a frutto quella conflittualità espressa dai tanti soggetti che si vedono espropriati del loro futuro e della loro dignità. Dagli operai, ai lavoratori delle cooperative, ai precari della scuola, ai tanti studenti e disoccupati che vedono nel debito un’ipoteca non solo per il futuro ma per il presente, ai migranti colpiti da ordinanze leghiste, agli sfrattati o a coloro che semplicemente si rifiutano di pagare affitti disumani, deve alzarsi chiaro il segnale che non è più tempo di accordi e concertazione, che la pacificazione sociale deve diventare sempre più impraticabile per chi ci governa. Generalizzare il rifiuto, praticare il proprio diritto di resistenza contro tiranni e povertà, replicare e riprodurre le occupazioni, organizzarsi contro gli sfratti, esercitare il proprio diritto di isolvenza, massificare le pratiche di riappropriazione della ricchezza e della rendita! Questo e molto altro devono confluire nella piazza del 6, una data da attraversare e dilatare per una pratica quotidiana di opposizione sociale!