Nuova occupazione a Modena, da parte del progetto Prendocasa Modena, di una palazzina destinana a edilizia popolare ma vuota dal 2005.
Questa mattina, i componenti del progetto Prendocasa Modena, insieme alle 4 famiglie occupanti, hanno ufficializzato l’occupazione, che perdurava da oltre 4mesi, di una palazzina di proprietà dell’ Acer, l’ente che costruisce e gestisce le case popolari nella città di Modena, vuota dal 2005.
Gli occupanti, tutti migranti in regola ed incensurati, hanno subito, insieme al ragazzi di Prendocasa Modena, denunciato il fatto che tutti i sanitari sono stati trovati distrutti, sintomo del fatto che la proprietà voleva evitare possibili occupazioni e non trovare una soluzione all’emergenza abitativa che a Modena, in maniera lenta ma inesorabile sta venendo avanti, soluzione invece trovata dalle famiglie attraverso l’occupazione.
Questa occupazione, si va ad affiancare a quella dell’ ex scuola di Marzaglia, una occupazione che va avanti da quasi tre mesi.
Pubblichiamo il comunicato di Prendocasa Modena e la lettera al quartiere delle famiglie occupanti:
LETTERA APERTA AI CITTADINI DI MODENA
da parte del collettivo Prendocasa: 10 febbraio 2011.
Questa mattina è stata dichiarata ufficialmente l’occupazione della palazzina/ex residenza universitaria di Via Fossamonda, 4 nella zona residenziale sita di fronte all’Ipercoop “i Portali”.
Il collettivo Prendocasa dichiara, attraverso l’appoggio a questo gesto, la propria indisponibilità ad accettare ancora le mille scusanti delle istituzioni locali e nazionali rispetto alle esigenze reali delle persone reali: qui non parliamo di dibattiti da salotto, parliamo della vita materiale e concreta di persone che sono senza casa.
In questo paese destra e sinistra istituzionale paiono aver chiaro un contenuto preciso, qualificante: prima vengono le cose, gli oggetti, il denaro, dopo, forse, le persone e le loro esigenze.
Le cose non sono fatte per le persone, ma le persone debbono adeguarsi alle esigenze delle cose, del denaro, degli oggetti.
Noi siamo portatori dei valori opposti: PRIMA LE PERSONE, dopo gli oggetti, le cose, il denaro.
Per noi il lavoro deve essere al servizio delle esigenze delle persone, per loro le persone devono essere al servizio delle esigenze del lavoro, inteso come fatto astratto.
Queste case vuote forse lo sono perché non possono produrre altro denaro? E’ questo il problema? Si è proprio questo il problema: prima il denaro, poi le persone, poi i bambini, le donne e gli uomini.
E’ proprio una accusa precisa ad un sistema di vita, ad una modalità di pensare al mondo: rifiutiamo di essere catalogati come emarginati solo perché non abbiamo abbastanza soldi per poter essere considerati.
Siamo “brave persone” anche se non abbiamo soldi: non ci classificherete mai sulla base del nostro portafoglio!
Le ragioni che sono alla base della scelta di alcune famiglie di lavoratori, alcuni momentaneamente disoccupati, sono inscritte nel concetto di “dignità”:
– sono lavoratori che per anni hanno avuto un impiego stabile ed hanno perso la casa a causa della crisi economica;
– ora magari sono di nuovo impiegati, ma sono inseguiti dai debiti vecchi, quindi non ancora in condizione di ambire ad un nuovo alloggio;
– le loro famiglie sono state smembrate, mariti in un luogo, mogli in un altro, figli in un terzo;
– i bambini cominciano ad avere problemi a frequentare la scuola, anche perché l’assenza di alloggio e di residenza rischia di far perdere ogni diritto, anche quello all’istruzione.
E’ in base a questi dati di fatto che il collettivo PRENDOCASA MODENA, una sigla che rappresenta il nodo locale di una rete nazionale, si è adoperata per riconsegnare ad uso pubblico una struttura svuotata per fini tutti da scoprire.
Ci pare insensato che strutture pubbliche vengano vendute in un momento come questo o che altre siano vuote perché i soldi per le case non ci sono mai. Eppure quando sui tratta di distruggere il territorio per autodromi insensati, quando si tratta di scavare le cave per lucrare sul futuro dei nostri figli, quando si tratta di costruire i treni ad alta velocità, di fare guerre, allora i soldi si trovano sempre.
Un tempo si diceva che c’è una giustizia di classe, ma cosa è se non una discriminazione di classe il fatto che la disoccupazione renda le persone “colpevoli” della loro povertà? Dove è la giustizia, ammesso che in questo paese una parola del genere abbia ancora qualche significato?
Esiste un enorme patrimonio immobiliare inutilizzato nella nostra provincia e nessuna istituzione reagisce.
Abbiamo proposto al comune di costituire delle cooperative di sfrattati al fine di recuperare le case sfitte per permetterne uso sociale, in modo che gli sfrattati stessi possano contribuire al bene comune ed tornare a percepire un reddito che permetta di vivere.
Non siamo ascoltati, naturalmente: questa, del resto, è una città allineata alla costruzione della paura per il diverso.
Noi difendiamo i diritti degli operai, dei precari, degli studenti, delle donne, degli immigrati, categorie sempre più disprezzate dalla politica ufficiale.
Chiediamo a tutta la comunità, alle strutture religiose, ai partiti, alle associazioni di volontariato di esprimere solidarietà nei confronti di queste famiglie, che solo domandano giustizia e considerazione per la propria condizione.
LETTERA APERTA AI CITTADINI DI MODENA
Cari e care,
Vi scriviamo a nome dei nostri bambini, che sono nati qui, che frequentano la scuola assieme a bambini che potrebbero essere figli vostri, vostri nipoti.
Ci rivolgiamo alla Vostra sensibilità di genitori, per spiegarVi come noi siamo stati colpiti da questa crisi in modo terribile: abbiamo lavorato per anni nelle officine e nei campi di questa città, ma abbiamo perso il lavoro e, dopo quello, la casa. Non perché non abbiamo la volontà di pagare, come abbiamo sempre fatto, ma perché ci siamo trovati nell’impossibilità di pagare l’affitto.
Adesso alcuni di noi hanno trovato lavoro e ci dicono di cercare casa: ma chi lavora, o non guadagna abbastanza, o non ha trovato un lavoro a tempo indeterminato e nessuno dà una casa se non hai un lavoro garantito.
Vi dicevamo che i nostri figli vogliono tornare a scuola, vogliono stare insieme ai loro amici, ma se si ammalano per il freddo o perché non possono mangiare adeguatamente, pulirsi come sono abituati, non riescono a frequentarli.
Allora ci siamo trovati a sapere che ci sono case vuote a Modena e ci siamo sentiti obbligati dalle loro esigenze a fare qualcosa che non ci piace, ma che ci sembra necessario. Siamo entrati in questa casa che abbiamo trovato aperta, indicataci da una associazione che da mesi si batte per il diritto alla casa, per il diritto a vivere una vita degna di essere vissuta.
Ma non abbiamo fatto questa scelta a cuor leggero: abbiamo bussato a tutte le porte per chiedere una sistemazione adeguata, un aiuto temporaneo fino a che non passi la crisi e torniamo a poterci gestire la vita senza dover chiedere nulla come abbiamo sempre fatto.
Per anni abbiamo contribuito alla ricchezza di questo paese, versando contributi, lavorando sodo, cercando di mantenere il nostro posto in questa società.
Ci rivolgiamo a Voi, chiedendoVi di mettervi nei nostri panni, di capire che vorremmo solo trovare un tetto per un periodo sufficiente a ricollocare le nostre capacità ed il nostro impegno nel prossimo lavoro che troveremo. Chiediamo di poter restare accanto ai nostri figli nel momento della difficoltà, perché spesso sono proprio gli affetti della famiglia che ci danno la forza per sopportare la temporanea povertà che caratterizza la nostra esistenza attuale.
Avere pochi vestiti, pochi giocattoli, poco da mangiare non è facile: ma essere senza casa è intollerabile. Non abbiamo la possibilità di tornare nel nostro paese, perché ormai è questo il nostro paese e se siamo partiti è perché il lavoro non lo avevamo o non bastava per costruirci un futuro e la crisi colpisce là in modo ancora più pesante di quanto si viva qui.
Questo Vi vogliamo dire e Vi invitiamo a venirci a trovare come si fa tra vicini, affinché possiamo presentarci e farci conoscere. Non dimentichiamo che come noi ci sono tanti altri, italiani e stranieri, che guardano i loro bambini con preoccupazione, perché non sanno cosa succederà domani. Siamo convinti che la struttura in cui viviamo ora, sia una ricchezza della comunità e ci impegniamo a custodirla e conservarla con cura, chiedendo fin da ora di poter pagare le utenze ed un affitto commisurato al reddito.
Vorremmo restare in questa casa per il tempo necessario, non un minuto di più.
Vi ringraziamo per aver prestato attenzione a queste righe e Vi salutiamo come nuovi fratelli e sorelle di questo quartiere.
I padri e le madri della casa di Via Fossa Monda