Sgomberata la Mala Servanen Jin. Scontri e resistenza in via Garibaldi

E’ cominciata alle 8.00 della mattinata di ieri l’operazione di sgombero della Mala Servanen Jin, l’edificio occupato al termine del corteo delle donne dell’8 marzo. Ma i reparti della celere e i dirigenti della Questura hanno dovuto fare i conti con la resistenza e la determinazione delle donne in lotta, che per ore hanno ostacolato il loro vile incarico.

L’edificio di via Garibaldi è un ex centro di accoglienza del Comune lasciato in stato di abbandono da più di quattro anni. Come tanti altri stabili condannati allo stesso destino, l’inutilizzo ha portato alla nascita di una vera e propria discarica: le occupanti al momento dell’ingresso hanno trovato ovunque escrementi e urina, siringhe e stagnole che testimoniavano il diffuso spaccio e consumo di droga che avveniva all’interno. Il tutto confinante con una scuola, l’istituto alberghiero.

In meno di un mese le occupanti hanno ripristinato la decenza del posto, con il loro impegno e autofinanziandosi per trovare le risorse necessarie. All’inaugurazione della Mala centinaia di persone hanno potuto assistere ai risultati del lavoro; un edificio rinato dalle sue ceneri, di nuovo attraversabile per donne, uomini e bambini. In quello stabile poi ha iniziato a nascere una progettualità reale, tavoli di discussione sulla violenza di genere, a partire da quella prodotta dalle istituzioni che tagliano welfare e servizi, e alloggi per tre donne rimaste senza casa.

In tutto questa tempo nessuna interlocuzione vi è stata con l’amministrazione comunale che il giorno dell’occupazione ha dichiarato di non aver progetti sull’immobile di sua proprietà se non quello di svenderlo a privati alla prima occasione. E invece il sindaco Filippeschi e l’assessore Capuzzi, nel silenzio più totale, avevano già avviato la macchina dello sgombero, ancora una volta nascondendosi nel silenzio per dover rispondere pubblicamente dell’ennesima operazione vergognosa. Esattamente come avevano fatto per mettere fine all’altra occupazione femminista, la Limonaia, sgomberata alcune settimane fa.

L’iter giudiziario si è mosso rapidamente, e ieri mattina centinaia di picchiatori in divisa spediti dal Questore Francini si sono presentati alla Mala pensando di porre fine a questa straordinaria esperienza. I vicini sono stati i primi a dare l’allarme; vedendo il via vai di mezzi delle forze dell’ordine hanno immediatamente allertato le donne del collettivo. In poco tempo già diverse persone, indignate, si erano radunate nei pressi dei mezzi. I primi momenti di tensione quando la celere si è posizionata per bloccare il traffico: una carica leggera per spostare le persone accorse ad ostacolare lo sgombero. La seconda carica quando una donna ha provato ad arrampicarsi sul muro esterno per rientrare nel cortile; ma ormai iniziavano a essere troppe le persone in difesa della Mala. Nel giro di pochi minuti tre donne, grazie alla conoscenza del posto sicuramente maggiore di quella dei celerini giunti da altre città, erano riuscite a eludere i controlli e a piazzarsi nel cortile dello stabile. Nel frattempo fuori il presidio continuava a crescere.

La situazione stava evidentemente sfuggendo di mano; se i dirigenti della Questura, con presunzione, pensavano di portare a casa uno sgombero rapido senza trovare resistenza, avevano evidentemente fatto male i conti. Nell’istituto alberghiero saliva la tensione: tutti gli studenti affacciati alle finestre a guardare l’insolito spettacolo, alcuni evidentemente indignati, i professori incapaci di ristabilire l’ordine. Un ex studente è riuscito a entrare nella scuola, incitando gli alunni a prendere parola su quello che stava accadendo; il preside ha allertato immediatamente la Digos che è entrata, trascinando fuori il ragazzo. Anche gli studenti a quel punto si sono ribellati a quanto accadeva e alla decisione del dirigente scolastico di tenerli sequestrati dentro, senza fare lezione né ricreazione per tutta la durata dello sgombero.

A quel punto è partita una nuova, violenta carica sul presidio all’esterno. Senza alcun motivo né preavviso i reparti celere si sono avventati sui presenti, soprattutto sulle donne che stavano in prima fila per cercare di capire come stavano le cinque compagne all’interno.

Il volto della violenza poliziesca ha preso forma negli inseguimenti e nei pestaggi, nei lividi e nelle macchie di sangue, nel corpo di una ragazza segnato dai solchi delle manganellate, in una donna di 50 anni sbattuta a terra e pestata da quattro agenti fino a spezzarle un braccio e aprirle la testa.

Ma ne hanno dovute dare tante di manganellate, per far arretrare quel gruppo di donne; perché nonostante le botte nessuna delle presenti dava cenno di voler cedere né di provare paura. Solo rabbia.

E gli agenti hanno dato sfogo ad ogni tipo di frustrazione, come fa chi pensa di detenere un potere assoluto ma si trova di fronte qualcuno che non china la testa. Come dei maschilisti violenti di fronte a donne degne. “Puttana” “zoccola” “ti ammazzo” “ti faccio del male” sono solo alcune delle espressioni gridate nei confronti delle donne che resistevano; sotto gli occhi della dirigente della Digos. Una donna. Indegna.

La carica più violenta ha portato i manifestanti fino quasi alla rotonda del CNR. Poi lentamente si sono ricompattati e sono avanzati, pretendendo il rilascio immediato delle cinque donne che nel frattempo erano state trascinate fuori e che rischiavano di essere portate in Questura. La tensione ha continuato a essere altissima, ma la celere non ha più attaccato le donne in presidio; due ambulanze sono giunte sul posto per prendere le ferite, e in poco tempo le cinque si sono ricongiunte alle loro compagne. Il tempo di finire di mettere i sigilli alla Mala e poi i mezzi della polizia si sono spostati; i presenti hanno deciso di proseguire in corteo, portando la loro rabbia fino al Comune.

Per le 17 si è svolta un’assemblea proprio sotto al Palazzo del Comune, ancora una volta blindato e presidiato. Centinaia le persone accorse, associazioni, collettivi, singoli indignati per quanto accaduto la mattina, decisi a portare la loro solidarietà alle donne in lotta ma anche a non tollerare per un minuto di più l’indecenza della giunta Filippeschi. Le donne della Mala hanno lanciato un presidio permanente in Logge dei Banchi, attrezzando tende per dormirci e un gazebo per cenare; tanti altri hanno raccolto questa proposta ma soprattutto hanno assunto l’impegno di scendere in piazza il 10 giugno per il corteo “Decide la città” che ormai assume un valore e un’importanza ancora maggiore.